Si riporta di seguito - in versione originale - quello che può essere definito come il "Manifesto" degli Approssimativi; è stato scritto nel 1991 una mattina a Varese, ma si può considerare ancora come attuale nei suoi aspetti principali.

 

 

 

Gli Approssimativi

 

 

“ … LA STORIA DEGLI APPROSSIMATIVI

 

Il movimento degli Approssimativi nasce ufficialmente a Bologna nel 1985 ad opera di un artista di origine modenese.

 

Per una serie di circostanze la sua breve storia si identifica quasi con quella del suo principale esponente: Stefano Gozzi detto il Van Gozz, di seguito sommariamente descritta.

 

L’Arte degli Approssimativi si caratterizza per alcuni, fondamentali elementi, che ne rendono immediata l’identificazione.

 

Innanzitutto un Approssimativo non copia mai, neanche dal vero, ma crea sempre e soltanto con la sua fantasia.

 

Questo rifiuto dall’avere modelli trova origine nella ricerca della creazione “pura” di qualcosa, nell’originalità dell’espressione.

 

L’Artista infatti, pur coltivando la passione fin da bambino, non ha voluto frequentare musei e mostre per lunghi anni, né ha voluto studiare approfonditamente la storia dell’Arte, proprio per non subire influenze da altri artisti.

 

Solo negli ultimi anni, dopo l’ufficializzazione del movimento, si sono fatte più frequenti le visite alle mostre e lo studio della vita degli altri artisti, ma solo quando si era già formato uno stile personale.

 

Un Approssimativo crea quasi sempre di notte, nei momenti di felicità o di grande sofferenza. E’ spesso di notte che si “sente” di più, nel bene e nel male.

 

Un’opera d’Arte, di qualsiasi Arte, è quasi sempre una espressione intima di un sentimento, di una sensazione.

 

E’ il frutto di questo desiderio incontenibile di esprimere quel momento, quel sentimento che si prova, per sublimarlo nella gioia o per liberarsene nel dolore.

 

Proprio per questo motivo il colore preferito degli Approssimativi è l’acrilico, l’unico colore che si asciuga immediatamente, forte e vivo, e che permette di fare un quadro in poche ore, sfruttando l’intensità massima e così breve del sentimento.

 

Gli Approssimativi non dipingono: colorano.

 

La matrice tecnica si ritrova nel disegno. In realtà infatti gli Approssimativi sanno disegnare e colorare, ma non sanno dipingere. Il disegno è l’espressione più semplice, la prima, la più naturale.

 

Poi si può disegnare colorando, fissando i tratti con i colori.

 

I soggetti delle Opere sono i più vari. Il “filo conduttore” è il colore e lo stile, con i quali si esprimono sentimenti diversi.

 

In questi ultimi anni si possono identificare due grandi periodi: quello bolognese e quello milanese, molto diversi l’uno dall’altro[1].

 

Il contenuto autobiografico è infatti predominante: la vita di un Approssimativo si potrebbe “leggere” semplicemente scorrendo le Opere nell’ordine temporale in cui sono state create. Vi si ritrovano tutti i “momenti” e gli “stati d’animo” più importanti, quelli che hanno segnato l’artista.

 

Tra i temi più frequentati, tuttavia, ritroviamo le donne, chiamate “frittelle” nel gergo approssimativo, al centro dell’attenzione dell’artista soprattutto nei momenti di solitudine.

 

Gli Approssimativi non creano per il mercato; anche se c’è stato un momento (periodo bolognese) in cui l’artista ha potuto verificare l’accoglienza del pubblico.

In seguito alla vendita di alcune Opere infatti, l’artista è rimasto tristemente impressionato di quanta influenza possa avere sulla creatività la “richiesta” del mercato di alcuni soggetti rispetto ad altri.

 

Nessuna Opera infatti è stata in seguito posta in vendita, con l’eccezione di un oggetto artistico che l’artista ha creato in una serie limitata, gli “oblò”, destinati volutamente alla divulgazione dell’Arte approssimativa…”